
CICCIO – Il modello matematico della carne in cottura
Autore Ing. Mario Acampa
Vi presento CICCIO, il modello matematico della carne in cottura!
Carissimi amici! Un saluto dal vostro “meatengineer”! Nel precedente articolo abbiamo visto cosa accade qualitativamente all’interno dei nostri bei dispositivi di cottura e cosa accade quando cambiano alcuni parametri.
Dopo di ciò sono iniziate delle sinistre elucubrazioni… “Ok abbiamo visto cosa accade tutto intorno alla nostra bella carne durante la cottura… ma cosa succede “dentro” al pezzo che stiamo cuocendo?” “Perché quando cuocio un brisket o un pulled pork la temperatura al cuore del pezzo sale nel tempo proprio in quel modo e non in un altro?” “Perché adottare determinati tecniche e metodi di cottura? Perché certe azioni danno certi risultati?” Le risposte a queste domande non sono affatto così scontate e facili da trovare e più avanti chi avrà il coraggio di avventurarsi nei meandri della Analisi Funzionale capirà il perché…
Dunque iniziamo questa nuova avventura!
Cosa significa “cuocere del cibo”? Significa dare, somministrare, del calore ad una pietanza affinché all’interno di questa avvengano determinate reazioni chimico-fisiche che le facciano assumere delle determinate caratteristiche (aspetto visivo, consistenza, sapore, etc.); c’è un parametro fisico in particolare che influenza le suddette reazioni: la Temperatura. Tutti, chi più chi meno, sappiamo che per ottenere un determinato risultato dalla nostra cottura è opportuno misurare e/o monitorare la temperatura al centro del pezzo in cottura, detta anche temperatura “al cuore”, fino a quando questa raggiunge un determinato valore.
A questo punto molti diranno: “Ok, già ho tutte le informazioni che mi servono, che cavolo lo fai a fare questo modello matematico della carne in cottura?”. Il Perché è presto detto: col termometro misuriamo come varia la temperatura nel tempo in un solo determinato punto, quello “centrale”, ma cosa accade in tutto il restante 99,99999999999999% del pezzo che stiamo cuocendo? Cosa giustifica il fatto che la temperatura al cuore sia, ai fini pratici, un dato sufficiente (e necessario) da controllare? Ebbene Ciccio ci aiuterà a capire tanto su ciò che durante la cottura accade alla carne e sul perché si usano determinati tecniche e metodi.
Quello che faremo è quindi tirare fuori un modello matematico per poi implementarlo in un programma in VBA per Excel, il quale, con gli opportuni dati in ingresso (dimensioni, forma, peso, caratteristiche termofisiche e temperatura iniziale del pezzo in cottura, temperatura della camera di cottura e tipo di dispositivo, temperatura obbiettivo per la cottura), è capace di calcolare con buona approssimazione la temperatura in qualsiasi punto tra il centro e lo strato più esterno del pezzo di carne in cottura e in qualsiasi instante di tempo tra inizio e fine cottura; ovviamente ciò permette di creare dei grafici dell’andamento della temperatura con lo spazio e con il tempo e ciò sarà davvero molto utile per capire i fenomeni che avvengono dentro la carne quando questa cuoce.
Perché poco più su ho scritto “calcolare con buona approssimazione la temperatura in qualsiasi punto tra il centro e lo strato più esterno del pezzo di carne in cottura” e non “calcolare con buona approssimazione la temperatura in qualsiasi punto del pezzo di carne in cottura”? Per rispondere immaginiamo di avere nel nostro dispositivo, settato per la cottura indiretta, i tre seguenti pezzi: un flat di manzo (il muscolo “piatto” e di spessore solitamente omogeneo che unito al point viene cotto per far il brisket), un magatello per fare un roastbeef ed infine una bella polpetta. Immaginiamo poi di prenderli ad un certo punto della cottura e di tagliarli per il lungo e per il largo in modo da dividerli in 4 spicchi, 4 parti, uguali e di osservare come appaiono le sezioni dove abbiamo tagliato.
Per il flat avremo grossomodo quello che si vede nella figura seguente

Cosa osserviamo? Se tralasciamo i bordi arrotondati tutti intorno, ed andiamo a tagliare tante fette sottili, indifferentemente se nel senso della lunghezza o della larghezza, avremmo uno strato centrale ancora crudo o poco cotto, sopra e sotto a questo due strati di stesso spessore dove la cottura è andata più avanti, infine avremmo a ridosso della faccia superiore e della faccia inferiore due strati sempre dello stesso spessore ben cotti. Notiamo quindi sostanzialmente che le differenze a livello di diversi gradi di cottura (quindi di temperatura raggiunta) dipendono dalla distanza nel senso dell’altezza, quindi dello spessore, rispetto allo strato centrale a prescindere da quale punto in larghezza o in lunghezza, inoltre vediamo che quello che accade nella metà superiore accade specularmente in quella inferiore. Questo fatti ci tornano molto utili per analizzare i tagli “piatti” di spessore uniforme come un flat ma anche una bistecca o altri ancora simili per forma. Quindi se chiamiamo “piano centrale” lo strato centrale (dove ci sono le linee tratteggiate in figura) per capire cosa succede praticamente in tutto il pezzo ci basta capire quello che succede lungo una qualsiasi delle frecce verticali che si vedono in figura a partire dal piano centrale (dove ci sono i pallini neri) fino alla punta della freccia verso l’alto. Abbiamo trovato quello che in matematica e geometria si chiama “simmetria lineare”. Proseguiamo…
Passiamo ora a vedere cosa succede nel roastbeef nella figura che segue

Cosa notiamo? trascuriamo le due punte arrotondate e concentriamoci su quello che vedremmo in ogni “fetta” tagliata trasversalmente; in ognuna delle fette circolare così ottenute vedremmo al centro un cerchio piccolo dove la carne è ancora cruda o poco cotta, poi subito dopo un anello circolare dove la carne è andata più avanti di cottura ed infine un anello circolare più esterno dove la carne è ben cotta. Tutto ciò significa che in questa particolare conformazione la dimensione che conta ai fini di valutare il diverso grado di cottura (e quindi le temperature) è la distanza dal centro delle varie fette verso l’esterno, a prescindere dalla direzione verso cui si va ed a prescindere del punto in larghezza al quale sia stata tagliata la fetta. E questo è valido per tutti i tagli che hanno una conformazione cilindrica come il roastbeef (polpettoni, bacon bombs, ma anche rollè, etc.). Quindi se chiamiamo “asse centrale” la linea che attraversa tutte le varie “fette” al loro centro (le linea tratteggiata in figura) per capire cosa succede praticamente in tutto il pezzo ci basta capire quello che succede lungo una qualsiasi delle frecce che partono dall’asse centrale (dove ci sono i pallini neri) verso l’esterno in qualsiasi direzione trasversale all’asse centrale fino alla punta della freccia. Abbiamo trovato quello che in matematica e geometria si chiama “simmetria cilindrica”. Ci resta un’ultima forma da studiare…
Passiamo ora a osservare infine cosa succede in una polpetta come nella figura seguente

Immaginiamo di tagliare la polpetta in tanti spicchi sottili semicircolari, vedremmo in ogni spicchio al centro un piccolo semicerchio dove la carne è ancora cruda o indietro di cottura, poi mezzo anello circolare dove la carne è più avanti di cottura ed infine un mezzo anello circolare più esterno dove la carne è ben cotta. Anche in questa particolare geometria la dimensione che conta per valutare il grado di cottura (e quindi le temperature) è pertanto la distanza dal centro, questa volta dell’intera sfera, verso l’esterno a prescindere da qualsiasi direzione si vada nello spazio (verso l’alto o il basso, a destra o sinistra, verso dietro o versa avanti, e tutte le direzioni intermedie). Ovviamente questo caso si estende a tutti i tagli che hanno una forma sferica (non solo polpette ma anche ad esempio parti di carne trimmate in modo da avere la forma di una sfera). Quindi se partiamo dal centro della nostra polpetta (il pallino nero in figura) per capire cosa accade in tutto il pezzo ci è sufficiente capire quello che accade lungo una qualsiasi delle frecce che partono dal centro e vanno verso l’esterno fino alla punta della freccia. Questa è quella che in matematica e geometria si chiama “simmetria sferica”.
Queste considerazioni fatte su casi che possiamo riscontrare nella realtà delle cotture che effettuiamo ogni volta ci sono di grandissimo aiuto per semplificare il discorso che faremo perché ci consentono di limitare la complessità dei calcoli dato che non dovremo sviluppare un modello tridimensionale ma ci basterà tirarne fuori uno che dipenda da una sola dimensione spaziale e dal tempo.
Arrivati a questo punto siamo ad un bivio: potete venire con me e seguire i tornanti della matematica per capire come ho tirato fuori il modello oppure potete prendere la variante di valico e saltare tutta la prossima parte se volete andare direttamente al sodo scorrendo in basso, a voi la scelta!
“I TORNANTI DELLA MATEMATICA”

Per sviluppare un modello matematico dobbiamo cercare di tradurre in linguaggio matematico la realtà che vogliamo “modellare”: come rappresento matematicamente un pezzo di carne? Delimitando opportunamente una porzione di spazio di una certa forma e della quale si possano comunque identificare 3 dimensioni particolari: una altezza (che chiameremo anche spessore), una profondità (o lunghezza) ed una larghezza (le forme a cui possiamo “approssimare” un pezzo di carne sono piuttosto semplici: sfere, ellissoidi, cilindri, parallelepipedi per citare le più usuali); questa porzione di spazio che andiamo a delimitare sarà dotata di caratteristiche fisiche particolari che esprimeremo, semplificando, con delle opportune costanti matematiche ed in essa varranno determinate leggi fisiche che descrivono come il calore si diffonde ed accumula nella carne; queste leggi fisiche si rappresentano con determinate equazioni che descriveremo più avanti.
Per poterci orientare in questo spazio che abbiamo appena definito abbiamo bisogno una mappa, di “riferimenti” per poterci orientare, ricorreremo a tre sistemi di coordinate di riferimento: cartesiano (o lineare), cilindrico e sferico.
Il primo è il classico sistema di riferimento cartesiano tridimensionale con i 3 assi x, y e z tutti ortogonali tra loro (cioè che formano tra ogni due di loro un angolo di 90°) e che si intersecano in un punto, detto Origine in cui si assume per convenzione che i valori di tutte le tre coordinate sia 0, formalmente si scrive O(0,0,0).
È il sistema di riferimento usualmente più usato e con il quale bene o male ci siamo confrontato almeno una volta nella vita tutti (tranne quelli per i quali la matematica è come l’aglio per i vampiri); in questo sistema possiamo associare ad ogni punto dello spazio P 3 valori numerici delle 3 coordinate x, y e z che rappresentano rispettivamente l’altezza, la profondità e la larghezza della posizione del punto P rispetto all’origine O, formalmente si scrive P(x,y,z). Per comodità assumeremo che l’origine del nostro sistema di riferimento sia proprio al centro del nostro pezzo in cottura. Nella figura 4 sono rappresentati, in assonometria isometrica, un sistema tridimensionale di assi cartesiani, un punto P dello spazio di coordinate generiche x, y e z (che, ripeto, sono l’altezza, la profondità e la larghezza rispetto al punto di origine O). le 3 coordinate spaziali x, y e z possono variare tra -∞ e +∞.

Immaginiamo ora di avere nel sistema di riferimento che abbiamo appena definito una porzione di spazio delimitata tra due piani paralleli al piano individuato dagli assi y e z, uno che interseca l’asse x per x=s e l’altro che interseca l’asse x per x=-s, e che ogni punto compreso tra questi due piani sia costituito da una sostanza con determinate caratteristiche fisico-chimiche, è quella che in fisica tecnica si definisce lastra indefinita di spessore 2s, ma che noi con un bel volo di fantasia possiamo pensare essere un flat di manzo o una bistecca spessa 2s cm e che si estende all’infinito in profondità e larghezza! (meraviglia!). Ok, ma cosa ci serve questa definizione? Serve perché è una particolare situazione di simmetria, detta lineare (come abbiamo visto prima nell’introduzione), che ci consente di fare tutti i nostri calcoli solo per una dimensione spaziale, in particolare l’altezza rappresentata sull’asse x dato che qualsiasi siano i valori di y e z questi non influenzeranno in alcun modo ci che accade al variare di x (in questa sede non mi dilungo ulteriormente sull’argomento, ma avete pur sempre a disposizione Google…) e questo ci semplificherà mooooolto la vita più avanti. In figura due viene rappresentata graficamente detta lastra indefinita.

Quando abbiamo a che fare con una forma riconducibile a quella di un cilindro potrebbe risultare conveniente utilizzare un sistema di riferimento cilindrico; se infatti prendiamo un cilindro, ponendo l’asse del cilindro coincidente con l’asse z, per individuare un punto P che stia sulla superficie del cilindro o al suo interno, piuttosto che usare le coordinate x e y risulta molto più comodo usare: la distanza del punto P dall’asse z, e la chiamiamo “raggio” indicandolo con r e l’angolo formato tra l’asse x ed il raggio r che va sotto il nome di “anomalia” e si indica con la lettera greca φ (fi), la terza coordinata resta sempre la z. Nella figura 6 sono rappresentati, in assonometria isometrica, un sistema tridimensionale di assi cartesiani, un punto P dello spazio in coordinate cilindriche generiche r, φ e z. In questo sistema le coordinate possono assumere i seguenti valori: r≥0, 0£ φ<2p (2p è l’angolo giro di 360° espresso in radianti, anche qui se non sapete c’è Google), z varia sempre tra -∞ e +∞

per passare da questo sistema di coordinate (r,φ,z) a quello cartesiano (x,y,z) e viceversa si usano le seguenti formule:

Perché potrebbe servirci questo sistema di riferimento? Ecco perché: immaginiamo stavolta di avere un cilindro indefinito di raggio s con l’asse coincidente con l’asse z, ovvero che abbia come sezioni ortogonali tanti cerchi di raggio s e che si estenda in larghezza all’infinito da un lato e pure dall’altro; seguendo l’analogia carnivora di prima immaginate di avere un arrosto infinitamente lungo (ancora meraviglia!), che girato di traverso diventa infinitamente largo. Se vogliamo descrivere un qualsiasi punto al suo interno o al più sulla sua superficie, in coordinate cilindriche ci basta descriverlo per r£s a prescindere dai valori di φ e z, e grazie a ciò anche qui abbiamo un’altra situazione di simmetria, detta cilindrica, che ci consentirà di considerare per i calcoli a venire solo la dimensione radiale (cioè quella espressa dal raggio, come abbiamo d’altronde visto nell’introduzione). Se avessimo voluto usare anche qui le coordinate cartesiane saremmo dovuti ricorrere all’amico Pitagora e scrivere

è abbastanza chiaro che si saremmo solo complicati la vita. In figura 4 viene rappresentato il cilindro indefinito di cui sopra.

Infine, quando abbiamo a che fare con una forma riconducibile a quella di una sfera potrebbe risultare conveniente utilizzare un sistema di riferimento sferico; se infatti prendiamo una sfera, ponendo l’origine degli assi cartesiani O nel centro della sfera, per individuare un punto P che stia sulla superficie della sfera o al suo interno, piuttosto che usare le coordinate x, y e z risulta molto più comodo usare: la distanza del punto P dall’origine O, e la chiamiamo ancora “raggio” indicandolo con r, l’angolo formato tra l’asse x e la proiezione del raggio r sul piano individuato dagli assi x ed y che va sotto il nome di “anomalia” o anche “azimut” e si indica con la lettera greca φ (fi), la terza coordinata l’angolo formato tra l’asse z ed il raggio r, detto “inclinazione” ” e si indica con la lettera greca θ (theta). Nella figura 8 sono rappresentati, in assonometria isometrica, un sistema tridimensionale di assi cartesiani, un punto P dello spazio in coordinate sferiche generiche r, φ e θ. In questo sistema le coordinate possono assumere i seguenti valori: r≥0, 0£ φ<2p, 0£ θ <p, (2p e p sono risp. l’angolo giro di 360° e l’angolo piano di 180° espressi in radianti, anche qui se non sapete c’è Google).

per passare da questo sistema di coordinate (r,φ,θ) a quello cartesiano (x,y,z) e viceversa si usano le seguenti formule:

Perché potrebbe servirci anche quest’ultimo sistema di riferimento? Immaginiamo ora di avere una sfera di raggio s con il centro esattamente nell’origine degli assi, stavolta nulla di infinito quindi immaginate di avere un bel polpettone fatto a forma di sfera (ok lo facciamo bello grande per compensare il fatto che non sia infinito!). Se vogliamo descrivere un qualsiasi punto al suo interno o al più sulla sua superficie, in coordinate sferiche ci basta descriverlo per r£s a prescindere dai valori di φ e θ, e grazie a ciò anche qui abbiamo ritrovato un’altra situazione di simmetria, detta sferica, che ci consentirà di considerare per i calcoli a venire solo la dimensione radiale (cioè quella espressa dal raggio, sempre come visto nell’introduzione). Se avessimo voluto usare anche qui le coordinate cartesiane saremmo dovuti ulteriormente ricorrere all’amico Pitagora e scrivere

è abbastanza chiaro che si saremmo solo prendere sbattimenti inutili. In figura 6 viene rappresentata la sfera di cui sopra.

Benissimo, ora prendiamoci un bel caffè e continuiamo l’opera! Perché abbiamo introdotto questi 3 sistemi di riferimento e le 3 simmetrie che si possono ottenere in essi? Perché, potendo approssimare la forma dei nostri amati pezzettoni di ciccia ad una forma simmetrica o quasi, questa forma la possiamo ottenere come “combinazione” delle 3 forme simmetriche già descritte. Inoltre la simmetria, che matematicamente si traduce nella dipendenza della temperatura da una sola delle dimensioni spaziali (x per la simmetria lineare ed r per le simmetrie cilindrica e sferica), semplificherà di molto il modello matematico che al punto tale che basta capire cosa accade lungo la dimensione inferiore del nostro pezzo, ovvero lo spessore (che tipicamente coincide con l’altezza del pezzo), dato che praticamente in qualsiasi altra direzione il risultato sarà praticamente lo stesso. Cerco di spiegarlo con un esempio pratico: se tagliamo una bistecca dopo cotta la nostra esperienza ci dice che i vari strati orizzontali mostreranno praticamente lo stesso grado di cottura, pertanto se “scorriamo” la bistecca dall’alto verso il basso prima al centro poi un po’ più a destra e poi un po’ più a sinistra troveremo ad ogni altezza sempre lo stesso risultato, cioè la variazione di temperature la abbiamo avuta in senso verticale ma non in senso orizzontale! Altrettanto se prendiamo un bell’arrosto e lo tagliamo nel mezzo noteremo che il grado di cottura varia per anelli concentrici dal centro verso l’esterno, cioè conta a che distanza dal centro siamo, quindi dal raggio ma non dall’angolo da cui partiamo! Pertanto questo ci aiuta a semplificare il problema da tridimensionale a monodimensionale e dal punto di vista matematico c’è un’enorme differenza!
Passiamo quindi a risolvere le equazioni della trasmissione del calore per i tre sistemi simmetrici che abbiamo trovato per poi vedere come combinare i risultati ottenuti.
Immaginiamo di avere 3 pezzi della stessa carne (quindi con determinate caratteristiche intrinseche) con una temperatura interna iniziale uniforme Ti espressa in °C e che questi siano delle 3 forme simmetriche che abbiamo visto, immaginiamo inoltre che questi pezzi siano immersi nello stesso fluido gassoso (anche questo con le sue caratteristiche intrinseche) ad una data temperatura media Te espressa sempre in °C. Sappiamo, per quanto visto nella pratica di ogni cottura, che se Te è maggiore di Ti avviene un trasferimento di calore dal fluido circostante alla carne e poi dagli strati più esterni della carne fino a quelli più interni, tutto ciò comporterà un aumento della temperatura delle varie zone della carne e questo processo si arresterebbe dopo un tempo virtualmente infinito nel quale tutte le temperature, in ogni punto, non fossero pari a Te. Ci sono due fenomeni fisici in ballo: uno è il naturale trasferimento di calore tra due punti materiali che si trovano a differenti temperature e l’altro è l’altrettanto naturale accumulo di calore in ogni punto materiale che è legato all’innalzamento della temperatura. La combinazione di questi due fenomeni fisici unita alle caratteristiche intrinseche dei materiali e alle dimensioni e forme dell’oggetto che stiamo studiando portano ad alcune particolari equazioni che descrivono in linguaggio matematico ciò che accade nella realtà.
Prima di passare a queste equazioni definiamo un po’ di grandezze fisiche:
- dimensioni del pezzo, altezza, profondità e larghezza risp. A, P ed L [espresse in m (metri) o nei suoi sottomultipli, più comodi cm (centimetri) o mm (millimetri)]: sono le tre dimensioni fondamentali del nostro pezzo di carne, nel proseguimento porremo sempre A£P£L che è come dire che disporremo sempre il pezzo con la dimensione maggiore nel verso della larghezza (da sinistra verso destra), quella intermedia nel verso della profondità (da davanti verso dietro) e quella inferiore nel verso dell’altezza (dal basso verso l’alto) come quasi sempre si usa fare nelle situazioni pratiche. L’altezza A del pezzo, in quanto dimensione inferiore la considereremo anche come spessore del pezzo stesso pari a 2s (vedi definizione successiva di semi spessore).
- semi spessore s [espresso in m (metri) o nei suoi sottomultipli, più comodi cm (centimetri) o mm (millimetri)]: è lo spazio tra il centro del pezzo e la superficie esterna lungo la direzione dello spessore del pezzo che banalmente vale 2s. Facciamo riferimento a questo valore perché, per la simmetricità delle forme con cui avremo a che fare, partendo dal centro ed andando verso l’esterno in una direzione per quella opposta avremo gli stessi identici valori ed andamenti.
- posizione spaziale x o r (espressa in m (metri) o suoi sottomultipli): ci dice in che punto tra il centro del pezzo e lo strato più esterno lungo la direzione del semispessore s stiamo calcolando la temperatura.
- tempo t [espresso in s (secondi) o suoi multipli hh:mm:ss (ore:minuti:secondi]): ci dice in che punto tra il centro del pezzo e lo strato più esterno lungo la direzione del semi spessore s stiamo calcolando la temperatura.
- conducibilità termica k [espressa in W/m°C]: è la caratteristica intrinseca di un materiale di condurre, trasmettere calore da un suo punto all’altro, ci dice quanti Watts di potenza termica servono per far aumentare di 1 °C la temperatura tra due punti distanti 1 m;
- densità ρ (lettera greca “ro”) [espressa in kg/m3]: è una caratteristica intrinseca di un materiale ed indica quanto pesa in kg un volume di 1 m3 di quel materiale;
- calore specifico a pressione costante cp [espresso in J/kg°C o Ws/kg°C]: è una caratteristica intrinseca di un materiale ed indica quanto calore va fornito ad 1 kg di quel materiale per avere un aumento di 1 °C della temperatura;
- diffusività termica a [espressa in m2/s]: si calcola a partire dalle 3 precedenti caratteristiche con la formula a=k/ρcp ed è ovviamente un’altra caratteristica intrinseca di un materiale, essa è tanto più elevata quanto più è elevata la conducibilità termica e più sono basse densità e calore specifico, pertanto è un indice dell’attitudine del materiale a condurre il calore piuttosto che accumularlo.
- coefficiente di convezione h [espresso in W/m2°C]: è un parametro caratteristico di un fluido che scambia calore con dei corpi solidi per convezione ed indica la potenza termica espressa in Watts che attraversa l’unità di superficie di interfaccia tra fluido e corpo solido espressa in m2 con una differenza di temperatura tra fluido e superficie del corpo solido di 1 °C. Questo coefficiente sintetizza al suo interno l’effetto di numerosissime variabili inerenti forma e posizione del corpo solido, tipo di moti convettivi (naturali o forzati), caratteristiche del fluido, temperatura stessa del fluido.
- Temperatura T (espressa in °C): è un indice di quanto sia caldo un oggetto o un punto materiale nel nostro caso specifico, il nostro obbiettivo è calcolarne il valore in ogni punto x o r di distanza tra il centro del pezzo e lo strato più esterno lungo la direzione dello spessore e per ogni istante di tempo t da inizio cottura in avanti (virtualmente potremmo arrivare ad un tempo infinito, nella pratica fino a fine cottura). Poi vi sono delle Temperature particolare che useremo invece come coefficienti e che sono le già viste Ti temperatura interna iniziale uniforme dei pezzi in cottura, e Te temperatura media in camera di cottura.
Benissimo, ora abbiamo tutti i mattoncini necessari a costruire il nostro modello… però già vi avviso che quanto segue è davvero alla portata solo di chi ha un certo livello di formazione in matematica, e mi farebbe molto piacere potermi confrontare nel merito con chi mastica equazioni differenziali, a tutti gli altri chiedo un atto di fede!
Nella tabella riportata più giù sono riportate sulle righe tutte le equazioni e condizioni che caratterizzano matematicamente il problema che vogliamo risolvere, le colonne individuano invece i 3 tipi di sistemi di coordinate e simmetrie che abbiamo già visto, vediamo con ordine le varie righe:
- le equazioni differenziali mostrate sono le cosiddette “equazioni del calore” che “regolano” la trasmissione e l’accumulo del calore, quindi anche l’andamento della temperatura, all’interno del dominio matematico di interesse (matematicamente per x o r compresi tra 0 ed s, estremi inclusi), cioè dentro i nostri pezzi di carne, da inizio cottura in avanti (matematicamente per t maggiore o uguale a 0). L’incognita in queste equazioni è proprio la funzione T(x,t) o T(r,t) che esprime il valore della temperatura T in funzione di una variabile dimensionale x o r che, come già detto, è distanza tra il centro del pezzo e lo strato più esterno lungo la direzione dello spessore ed in funzione di una variabile temporale t che è l’instante di tempo da inizio cottura.
- queste sono le cosiddette “condizioni al contorno” nell’origine 0 (no, non è un contorno di patate o altri ortaggi o verdure!), ci dicono sostanzialmente quali sono i vincoli fisici e quindi matematici cui devono sottostare i nostri “sistemi” per x o r uguali a 0. Nella fattispecie le condizioni poste indicano che per via delle simmetrie in gioco per x o r uguali a 0 non vi è scambio di calore verso valori di x o r minori di 0.
- queste sono le cosiddette “condizioni al contorno” sulla superficie, ci dicono quali sono i vincoli fisici e quindi matematici cui devono sottostare i nostri “sistemi” quando x o r sono uguali a s, ovvero quando ci troviamo sulla superficie esterna dei nostri pezzi di carne. Nella fattispecie le condizioni poste indicano che il calore trasmesso dalla superficie della carne verso l’interno è uguale a quello fornito per convezione dal fluido di cottura in cui è immersa la carne, fluido che si trova alla temperatura media Te.
- queste infine sono le cosiddette “condizioni iniziali” che ci dicono all’istante iniziale di cottura (matematicamente per t uguale a 0) che valore assume la temperatura T per ogni valore di x o r compreso tra 0 ed s. Nel nostro caso particolare assumeremo che la temperatura iniziale sia costante e pari al valore generico Ti, questo accade quando mettiamo in cottura un pezzo appena preso dal frigorifero oppure quando (sbagliando!) lasciamo il pezzo per troppo tempo a temperatura ambiente.

Questi set di equazioni e condizioni sono, nel caso specifico, adattate per modellare quella che sostanzialmente è una cottura indiretta sufficientemente omogenea, è possibile comunque modificare il tutto per altri tipi e modalità di cottura, ma lo faremo solo nelle prossime puntate!
Torniamo a noi! Non vi tedio ovviamente con tutto il procedimento di risoluzione delle equazioni con le condizioni al contorno ed iniziali date, ma vi sparo direttamente i risultati finali!
In coordinate e simmetria lineari (lastra indefinita di spessore 2s) otteniamo per la funzione T(x,t) la seguente espressione:

dove i coefficienti λn, detti autovalori, sono le infinite soluzioni per n = 1, 2, 3, … +∞ della seguente equazione, non risolvibile algebricamente, nell’incognita λ

In coordinate e simmetria cilindriche (cilindro indefinito di diametro 2s) abbiamo inoltre per T(r,t) la seguente espressione

dove i coefficienti λn (detti autovalori) sono le infinite soluzioni per n = 1, 2, 3, … +∞ della seguente equazione, non risolvibile algebricamente, nell’incognita λ

gli operatori matematici J0() e J1() sono le cosiddette funzioni di Bessel di ordine 0 ed ordine 1 che si definiscono come segue

In coordinate e simmetria sferiche (sfera di diametro 2s) abbiamo infine per T(r,t) la seguente espressione

dove i coefficienti λn, detti autovalori, sono le infinite soluzioni per n = 1, 2, 3, … +∞ della seguente equazione, non risolvibile algebricamente, nell’incognita λ

Dobbiamo fare a questo punto alcune puntualizzazioni importanti. Nell’introduzione abbiamo detto che al variare della temperatura avvengono delle reazioni chimico-fisiche (denaturazione e coagulazione delle proteine, etc.) che cambiano tutta una serie di caratteristiche della carne, ovviamente queste reazioni per avvenire hanno bisogno di una certa energia che è quota parte di quella che somministriamo con la nostra fonte di calore e che viene accumulata e condotta nella carne secondo i meccanismi che abbiamo visto, tuttavia l’effetto di queste reazioni dal punto di vista dell’influenza che hanno sulle variazioni di temperatura è a tutti gli effetti macroscopici del tutto trascurabile, quindi ai fini del nostro modello risulteranno ininfluenti e le considereremo solo come effetto delle variazioni di temperatura e del tempo durante il quale queste ultime avvengono. C’è invece un altro fenomeno il cui effetto non può essere trascurato e che indagheremo poi negli articoli che seguiranno: l’ebollizione dell’acqua raggiunti i circa 100 °C (il valore esatto è in realtà funzione di diversi parametri come pressione atmosferica e la presenza di eventuali sali o sostanze disciolti nell’acqua). Quando l’acqua raggiunge questa temperatura, anche continuando a somministrare calore e quindi energia, non si hanno ulteriori aumenti di temperatura, ciò perché tutta l’energia fornita viene spesa per il passaggio di fase dell’acqua da liquido a vapore. Nel caso specifico che stiamo studiando, essendo tuttavia l’acqua “imprigionata” nel reticolo proteico della carne l’effetto che si avrà è quello di un sostanziale blocco della temperatura al valore di ebollizione, continuerà comunque il fenomeno di trasmissione del calore dall’esterno verso l’interno fino a che tutta la carne non si trovi alla temperatura di ebollizione; come già accennato indagheremo meglio su ciò in altre occasioni, per ora vedremo un caso particolare nel quale questo fenomeno non si manifesti.
Ehilà! Ci siete ancora? Dobbiamo fare la conta dei feriti? Suvvia per due equazioncine?! Andiamo avanti che il peggio è passato!
CHI HA PRESO LA VARIANTE DI VALICO PUÒ RIENTRARE QUI!!

Abbiamo finalmente trovato delle funzioni matematiche che ci danno un modo per capire come varia nel tempo la temperatura praticamente in ogni punto della nostra carne durante la cottura… ma come le possiamo usare nella pratica? Dandole in pasto ai nostri computer! Sulla base di queste funzioni ed equazioni anche con un foglio di calcolo come Excel è possibile creare tabelle, grafici ed algoritmi da sfruttare a nostro completo piacimento!
Facciamo un primo esempio.
Immaginiamo di avere:
- una lastra indefinita di spessore 10 cm
- un cilindro indefinito di diametro 10 cm
- una sfera di diametro 10 cm
e che tutte queste forme siano costituite dalla stessa carne, e che questa sia sufficientemente omogenea da avere le stesse caratteristiche in ogni suo punto, e che le caratteristiche siano le seguenti:
- diffusività termica della carne a = 0,00000012 m2/s
- conducibilità termica della carne k = 0,5 W/m°C
- temperatura iniziale uniforme Ti = 5 °C
tali valori sono stati ricavati partendo da quelli dell’acqua liquida facendo delle opportune considerazioni sulla composizione media della carne (approfondiremo il discorso in un successivo articolo).
Immaginiamo inoltre di avere un dispositivo di cottura capace di contenere tutte le summenzionate forme e cuocerle in modalità indiretta con le seguenti caratteristiche:
- coefficiente di convezione h = 10 W/m2°C
- temperatura media camera di cottura Te = 107 °C
Facciamo cuocere le tre forme fino a che la temperatura interna al centro non raggiunge il valore di 93 °C e tracciamo i seguenti grafici:
il primo che rappresenti come la temperatura, al centro delle 3 forme, varia nel tempo dall’istante iniziale fino ai rispettivi tempi di cottura finali

vediamo che qualitativamente gli andamenti sono gli stessi mentre quello che cambia nettamente è la scala temporale nella quale avviene l’aumento di temperatura; la forma sferica (finita in tutte le dimensioni) è la prima ad arrivare a temperatura interna obbiettivo, la forma cilindrica (infinita nel senso della larghezza) impiega circa il 50 % di tempo in più, infine la forma lineare (infinita nel senso della larghezza e della profondità) impiega più di 3 volte il tempo impiegato dalla forma sferica. Intuitivamente, se ragioniamo sulle tre tipologie di forme, era anche abbastanza naturale aspettarsi risultati simili. Questo esempio estremo anche se immaginario (ovviamente forme a dimensione infinita non esistono nella realtà di tutti i giorni) ci insegna la prima lezione: la forma conta molto quando dobbiamo stimare il tempo di cottura (nei prossimi articoli torneremo spesso su questo punto).
Veniamo ora al secondo grafico nel quale la temperatura, nei 3 istanti finali di cottura delle 3 forme, varia dal centro fino alla superficie nella direzione dello spessore

sembra proprio che i 3 grafici siano praticamente coincidenti… zoomiamo la temperatura tra i 90 ed i 100 °C

inaspettatamente notiamo che anche se le forme sono decisamente diverse, il semplice fatto che abbiano lo stesso spessore fa si che a fine cottura, raggiunta la medesima temperatura al centro (93 °C), l’andamento della temperatura dal centro alla superficie sia praticamente lo stesso, si nota inoltre che la temperatura in superficie è di circa 98 °C non tanto più elevata di quella al centro, lo spessore influenza pesantemente l’andamento della temperatura nel nostro pezzo di carne, più di tanti altri parametri dimensionali o morfologici.
Benissimo, direi che per questo primo approccio il nostro CICCIO già ci ha regalato qualche sorpresa. Vedremo in futuro, combinando opportunamente i risultati per le 3 forme simmetriche fondamentali, come capire tante altre cose interessanti!
STAY TUNED!!
Mario Acampa
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