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CONSERVAZIONE DEGLI ALIMENTI COTTI AL BARBECUE

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CONSERVAZIONE DEGLI ALIMENTI COTTI AL BARBECUE

AUTORE: FRANCESCO ZICCHEDDU

Impossibile che non vi sia mai capitato: avete preparato tanta roba, troppa, ed è avanzata. Magari lo avete fatto apposta, per avere una piccola scorta da consumare più avanti.
O magari siete stati invitati ad una grigliata e volete portare qualcosa fatto da voi, ma che non potete cucinare sul posto.

In ogni caso, avete bisogno di conservare le vostre preparazioni.

In questo articolo cercheremo di darvi delle linee guida per minimizzare i rischi e ottimizzare la SHELF LIFE, ovvero la durata del prodotto, senza che vengano intaccate le sue proprietà organolettiche in maniera invasiva o, peggio, diventi insalubre.

Piccola premessa doverosa: quello che fa andare a male il cibo durante la sua conservazione sono in primo luogo i batteri, che sono letteralmente OVUNQUE. Anche muffe, funghi e alghe fanno la loro parte, ma hanno la caratteristica positiva di essere solitamente facilmente individuabili.

I batteri invece sono invisibili all’occhio umano, sopravvivono al congelamento e non è raro che siano inodori ed insapori. Alcuni sono preziosi, utili e ampiamente sfruttati ogni giorno anche in cucina.

Altri sono purtroppo dannosi per l’uomo e possono mettere a rischio la nostra salute.

Grafico rappresentante le curve del tasso di crescita dei batteri in relazione alla temperatura e al gruppo di appartenenza


Altra doverosa premessa: i batteri hanno delle temperature “preferite” di crescita, nelle quali proliferano alla massima velocità, delle temperature che li portano a rallentare fino a bloccare questo processo e delle temperature che li uccidono. È proprio a seconda della temperatura dove si verifica il picco di crescita che si dividono principalmente in PSICROFILI (intorno ai 0°-20°), TERMOFILI (intorno ai 45°-70°) e MESOFILI (intorno ai 15°-45°).
Fra questi ultimi troviamo i BATTERI PATOGENI di cui parlavamo, ovvero quei batteri responsabili dell’insorgere di patologie più o meno importanti, dai mal di pancia alle intossicazioni gravi fino alle conseguenze più estreme.

Quello che possiamo fare contro questi batteri è prima di tutto conservare correttamente l’alimento dal momento dell’acquisto, durante il trasporto nella nostra cucina fino alla cottura, quando ne elimineremo il maggior numero possibile.

Raggiunte o superate le temperature di sicurezza, abbiamo la certezza che i batteri (insieme ad altri patogeni) siano stati eliminati in numero sufficiente da rendere il prodotto sicuro.

Ma dopo, COSA SUCCEDE AL NOSTRO CIBO?

A meno che non si trovi in un ambiente sterile, poco dopo la cottura la sua superficie comincerà inevitabilmente la proliferazione batterica, avviando un lento ed inevitabile processo di degradazione che ne determinerà la SHELF LIFE.

Come possiamo rallentare al massimo questo processo?

Non potendo evitare i batteri, dobbiamo limitarne il più possibile la crescita, ricreando le condizioni più sfavorevoli possibili alla loro proliferazione.

Vediamo prima di tutto come fanno i professionisti e come ottenere il miglior risultato possibile in termini di SHELF LIFE del prodotto pronto per essere consumato, poi vedremo come replicare il più fedelmente possibile i passaggi più importanti anche a casa e senza possedere macchinari che possono risultare purtroppo ancora piuttosto costosi.

Come dicevamo, partiamo da un prodotto cotto a temperature di sicurezza.

IL PRIMO PASSAGGIO È ABBATTERE L’ALIMENTO.

Si lo so, quando lo avete comprato era già morto. 😀
Per abbattimento però intendiamo l’azione di portare, nel più breve tempo possibile (max 90 minuti) la temperatura di un prodotto AL CUORE (quindi non in superficie!!) da 72° a 3°, transitando nella fascia di proliferazione dei MESOFILI per il più breve tempo possibile.

Come? Beh, in ambito professionale con l’utilizzo di ABBATTITORI. Sono degli strumenti dal funzionamento simile ad un frigorifero ma molto più potenti e dotati di una enorme ventola adatta ad aumentare al massimo lo scambio di calore fra la camera e la materia prima in abbattimento. Permettono di allungare di molto la SHELF LIFE ed è solo a causa di un costo di molto superiore ad un normale frigorifero che non sono ancora diffusi in tutte le case.
Proprio come i nostri freezer domestici, sono tarati per un quantitativo massimo di materiale da abbattere per volta, direttamente proporzionale non tanto alla camera interna quanto alla potenza del motore (in commercio si trovano dei 10 teglie con la medesima potenza di un 6 teglie ma anche la medesima capacità di carico).

Una volta fatto in modo che i batteri trovino un ambiente con temperature favorevoli alla loro proliferazione per il minor tempo possibile, possiamo proteggere ulteriormente l’alimento con il SOTTOVUOTO.

Professionalmente sono diffuse le macchine sottovuoto a campana, così chiamate perchè composte da una camera a forma di campana all’interno della quale si inserscono i sacchetti contenente l’alimento da mettere sottovuoto.
Permettono un sottovuoto decisamente efficace, che oltre a proteggere materialmente l’alimento da contaminazioni esterne, mette anche i batteri in una situazione di carenza di ossigeno, necessario anch’esso per la loro proliferazione.

A questo punto, se abbiamo utilizzato dei sacchetti adatti alla cottura, potremmo addirittura pastorizzare il prodotto, allungandone a dismisura la SHELF LIFE. Inevitabilmente, questo passaggio modificherà le proprietà organolettiche dell’alimento in maniera solitamente piuttosto invasiva, motivo per il quale, a meno che non ci sia necessità di conservarlo davvero a lungo, ad esempio per la vendita nella grande distribuzione, questo passaggio viene evitato. Noi lo salteremo a piè pari, sarà magari oggetto di un articolo futuro dove l’argomento avrò lo spazio che merita.

Doveroso ricordare che è fondamentale non interrompere mai quella che viene chiamata in gergo la CATENA DEL FREDDO, vale a dire non bisogna mai far superare alla superficie (questa volta non al cuore!!) la temperatura di 4°. Questo nemmeno durante il trasporto dalla vostra cucina al luogo dove lo consumerete.

Quando sarà necessario servire l’alimento, il passaggio dalla temperatura di conservazione alla temperatura di servizio sarà effettuato nel minor tempo possibile, evitando quindi lo stazionamento del prodotto a temperature superiori a quelle della CATENA DEL FREDDO per un tempo non strettamente necessario e che aumenterebbe il rischio di proliferazione e di contaminazione crociata, ovvero una contaminazione dell’alimento proveniente dall’ambiente o dagli operatori.

OK, ma a casa? In assenza dei macchinari specifici, dobbiamo trovare dei metodi alternativi.

Prima di tutto: COME RAFFREDDIAMO VELOCEMENTE IL CIBO?
Evitiamo assolutamente di inserire il cibo caldo nel frigorifero o nel congelatore. Non sono strumenti adatti e il calore dell’alimento rovinerebbe il resto del cibo già conservato.
Anche disponendo di un frigorifero dedicato, è comunque molto più efficace il cosiddetto BAGNO DI GHIACCIO, vale a dire l’immersione dell’alimento in un bagno di ghiaccio e acqua.

Si ma come immergiamo il cibo in acqua senza annacquarlo?
Beh, se avete una macchina sottovuoto ad aspirazione (e se non l’avete, la domanda è: perchè?), anche quelle da pochi euro hanno solitamente la funzione solo sigillatura. Cercate di far uscire la maggior quantità di aria possibile dalla busta e sigillate senza mettere sottovuoto. Non vi suggerisco di mettere direttamente sottovuoto l’alimento caldo perchè l’umidità porta a diversi svantaggi quali l’aderenza con buste non necessariamente adatte alle alte temperature, l’umidità data dalla condensa che rischierebbe di rovinare la saldatura e che sicuramente danneggierebbe la pompa della macchina. Cercate di sistemare il cibo se possibile in modo che lo spessore non sia eccessivo, evitando di allungare inutilmente i tempi di raffreddamento.
A questo punto immergete l’alimento nel bagno di ghiaccio e aspettate. Quanto? Potete saperlo solo voi dopo aver fatto delle prove con i vostri parametri. Tendenzialmente, se non fate spessori superiori ai pochi centimetri, entro le due ore siete abbastanza sicuri di aver portato a casa il risultato.
Se non avete il sottovuoto potete utilizzare dei tupperware o simili, basta che chiudano ermeticamente e che siano il più possibile conformi al volume del cibo da immergere: meno aria che funge da isolante uguale maggior velocità di raffreddamento.
Se invece avete a disposizione una macchina ad estrazione o a campana, adesso la cosa migliore da fare sarebbe mettere sottovuoto il cibo raffreddato.

A questo punto rispettate la CATENA DEL FREDDO fino al momento del rinvenimento a casa dei vostri amici, nella casa in campagna dove non avete strumentazione adatta per effettuare una cottura, su una padella o se siete proprio in fame chimica nel microonde.

PETROMAX COOLBOX Solida alternativa alle isobox in polistirolo, i frigoriferi portatili sono un valido alleato per il trasporto del cibo senza spezzare la CATENA DEL FREDDO, opportunamente riempiti di ghiaccio o elementi raffreddanti. I più accessoriati poi sono dotati di rubinetto per lo scarico dei liquidi e di una struttura abbastanza resistente da poter essere usato come una seggiola. Indispensabili

Se avete letto fino a qui voglio darvi un piccolo grande consiglio: dall’inizio alla fine del procedimento, FATE ATTENZIONE ALLE CONTAMINAZIONI CROCIATE!

Contaminazione crociata

Pulite bene le superfici e gli strumenti che utilizzerete, evitate che vengano a contatto con persone o materiali non sanificati. Lavatevi bene le mani ogni venti minuti, anche se non ne sentite la necessità. Se preferite o se avete ferite sulle mani, indossate i guanti e sostituiteli o lavateli ogni 15 minuti anche se non ne sentite la necessità. Siate zelanti, non date nulla per scontato, cercate di prevenire ogni contaminazione non strettamente necessaria.

Un esempio? Molti di voi sicuramente storcono il naso quando vedono manipolare il cibo a mani nude piuttosto che con i classici guanti in materiale sintetico usa e getta. Oltre ad assicurarvi che un paio di mani ben lavate (sane ed integre ovviamente) sono sicure almeno quanto un paio di guanti puliti, avete mai acquistato un pacco di queste protezioni?
Oltre ad essere diffusi guanti non adatti al contatto alimentare (o non a tutti gli alimenti), sia il materiale della confezione sia il packaging stesso non vi assicura che questi siano pronti all’uso. Anzi!
Questo perchè i guanti sono magari si di un materiale adatto al contatto alimentare, ma nessuno vi assicura che siano puliti. In più, sono conservati solitamente in scatole di cartone (che può aver fatto traspirare qualsiasi cosa durante il periodo di stoccaggio) e conservati in modo tale che una volta aperti quelli sucessivi vengono inevitabilmente esposti all’aria (e ad una potenziale contaminazione crociata).

Questo vuol dire che i guanti vanno lavati, esattamente come vanno lavate le mani.

Usereste un contenitore adatto agli alimenti prima di averlo lavato? Usereste un coltello prima di esservi assicurati di aver eliminato qualsiasi residuo della lavorazione o prodotti atti a proteggerli fino al momento dell’acquisto?
Fra un paio di guanti non lavati e un paio di mani lavate, fossi in voi sceglierei le seconde a occhi chiusi.

Per qualsiasi approfondimento o domanda inerente all’articolo, contattate l’autore. Facciamo crescere questo spazio insieme.

Autore – FRANCESCO ZICCHEDDU

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